’Mpustarella

Nata da un lungo e appassionato lavoro di ricerca che ne ha rintracciato la storia, riscrivendola e rimodellandola su nuove possibilità creative, ‘a ‘Mpustarella è un prodotto davvero unico, ineguagliabile per gusto e leggerezza, ridefinizione del vecchio panino napoletano consumato all’ora di pranzo quando intere famiglie, pure le braccia più piccole, trascorrevano buona parte della giornata lontane da casa, impegnate nei mestieri più umili e pesanti.
La sfida era rispolverare quella merenda, o marenna come vuole il dialetto, ancora poco o per nulla raccontata, che custodiva gustosi ripieni della tradizione partenopea tra due fette di pane – questo il significato del suo nome, dal latino pōněre, porre, collocare, mettere – dalla crosta spessa e croccante e rilanciarla in chiave contemporanea.
Per farlo, si è scelto di elaborare una nuova ricetta, originale ed esclusiva, punto di arrivo di innumerevoli prove ed esperimenti.
Gli ingredienti, acqua, farina, sale e lievito, sono quelli di quei tempi difficilissimi in cui come pasto unico, semplice, molto saziante ed economico ristorava contadini, operai, pescatori dalle dure fatiche della terra, delle fabbriche o delle reti e dei mercati.
Anche l’aspetto è lo stesso di quei tempi. Anzi il vero ostacolo era appunto quello di ricrearne le sembianze, grezze e rugose, vicine a quelle del pane cafone, ma mutarne la consistenza, divenuta altamente digeribile. Il leggero crack che si avverte al primo morso fa addent(r)are in un mondo sconosciuto, soffice e dalla grana leggerissima, quasi eterea. Perché, se in passato e fino al dopoguerra i chicchi di grano erano macinati grossolanamente e con gli sfarinati ottenuti – tutt’altro che raffinati come quelli conosciamo oggi in cui prevale l’utilizzo della parte amidacea della cariosside dalla quale si ottiene farina bianca – si faceva un pane piuttosto compatto che riempiva di più, e più a lungo, lo stomaco, la nostra ‘mpustarella, realizzata con una miscela di farina di grano tenero tipo 1 ed integrale e arricchita con un blend di semi di girasole, lino e sesamo con soia e avena, elementi utili per la nostra salute, pur condividendo la stessa colorazione marcata, con le sue numerosissime alveolature interne rivela un cuore morbido nascosto dietro a un sottile involucro fragrante.
La sua preparazione prevede una tecnica di impastamento chiamata in gergo tecnico “metodo indiretto” che divide il ciclo di lavorazione in due fasi. La prima vede sottrarre dalla ricetta una parte di farina e di acqua per l’ottenimento di un preimpasto chiamato BIGA che, con l’innesto del nostro lievito naturale creato da una coltura di Catalanesca, l’uva bianca del Vesuvio, è lasciato fermentare in ambiente con microclima dedicato per 20-24 ore. Dopodiché, aggiunti gli altri componenti e terminato l’impastamento, si procede con la lievitazione finale e la cottura a legna. Il risultato è un panificato di altissima digeribilità.
Non vi resta che scegliere come imbottirla e riscoprirete un grande classico della nostra cucina che vi farà fare un salto indietro in un’epoca andata ma senza alcun senso di pesantezza .