Pizza fritta

Quando si sente pronunciare questa combinazione vincente di parole, ormai sulla bocca e nella testa di molti in ogni dove, il pensiero va subito a quella cotta nel caratteristico forno a legna. Eppure, sotto la voce “Pizza Napoletana” rientra un’altra, ancora più vecchia, ricetta: quella della pizza fritta, uno dei pilastri, anche se poco conosciuto, della cultura culinaria partenopea.
Praticamente infiniti – e la cosa si sta diffondendo a macchia d’olio, tanto per rimanere in tema, in tante altre città italiane – gli indirizzi che a Napoli, seppur in una minuscola manciata di metri quadrati, scolano le proprie versioni di questo popolarissimo cibo di strada, le cui origini andrebbero fatte risalire addirittura al XIII secolo.
Prima ci furono le ciambelle dolci e ricoperte di zucchero che l’ambulante vendeva “co lo mele”, poi arrivò il tempo delle pizzellee pasta crisciuta e delle zeppulelle salate che con altre preparazioni, figlie del genio della fame, si compravano per pochi spiccioli.
Unta, sporca, insana, ipercalorica: così era la pizza fritta venduta una volta sui banchetti ambulanti dei vicoli, così è quella che popola oggi i numerosissimi negozietti. A queste caratteristiche, rimaste invariate per un tempo pluricentenario, più lungo di quello della pizza al forno, Enzo Coccia ha deciso di contrapporvi qualità diametralmente opposte.
Ripulita, nel vero senso della parola, con un netto restyling, la sua creazione dorata, come la più bella delle principesse, tutta ingioiellata, elegante e profumata, può vantarsi di essere asciutta, leggera, altamente digeribile. Cotta alla giusta temperatura in un ottimo olio, farcita con materie prime eccelse e servita con bollicine di gran pregio, siano italiane o francesi, ha tutte le carte in regola per poter essere considerata un capolavoro della nostra gastronomia.
E per raddoppiare il gusto di questa pizza, che a differenza di quella cotta a legna, svela la bontà dei suoi ingredienti e ne sprigiona i deliziosi profumi solo dopo essere stata tagliata, esattamente come fa uno scrigno che, solo se aperto, espone i tesori che custodisce, il maestro ha deciso di sbizzarrirsi con una scelta di ripieni che sono un giusto compromesso tra una tradizione antichissima e slanci più innovativi e contemporanei.
Così, nel menu ci sono le classiche, come l’intramontabile pizza fritta con ricotta di bufala e cicoli. Subito dopo quelle disponibili solamente nella stagione di riferimento. Interessanti sono, ad esempio, le variazioni di farcitura tra l’estate, che unisce la ricotta di bufala con le foglie di limone di Sorrento, e l’inverno, che alle temperature più fredde fa corrispondere la provola con il soffritto piccante o zuppa forte. Chiudono le idee di Enzo, resosi quasi un amante che si lancia in dichiarazioni d’amore alla femmena dei quartieri. Una di queste racchiude tra i due strati di pasta baccalà, scarola saltata in padella con pinoli e uva passa, capperi e olive di Gaeta, rielaborazione di un pasticcio dei primi dell’Ottocento di cui scrisse Ippolito Cavalcanti.
Mentre la prosperosa pizzaiola Sofia rendeva felici gli occhi e la gola dei passanti nel secondo dopoguerra, adesso tocca alla principessa firmata Coccia deliziare i nostri palati.